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Resilienza VS Rassegnazione

Resilienza o rassegnazione? Qual è la differenza?

C’è una sottile linea di confine tra accettazione e resa, tra la resilienza di chi affronta la tempesta e la rassegnazione di chi si siede sotto la pioggia convinto che tanto pioverà per sempre. Eppure, questa linea tanto sottile, a volte persino invisibile, può fare la differenza.

Dio, dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso, e la saggezza per conoscerne la differenza.

Questa invocazione, nota come “Preghiera della serenità”, racchiude in poche parole un’intera filosofia di vita. Accettare non significa smettere di combattere, ma capire quando è il momento di lasciar andare ciò che ci fa male o che semplicemente non è in nostro potere cambiare. E soprattutto ci insegna a non confondere mai la pace con la rassegnazione.

La resilienza è quella forza elastica che ti fa piegare senza spezzarti. È la risata dopo un pianto, il coraggio di rialzarsi dopo una brutta caduta, la voglia di ripartire o di continuare a sperare in un domani migliore. È la fiducia nel fatto che dopo la notte, anche se lunga, la luce tornerà.

La rassegnazione, invece, è un sipario che si chiude lentamente. È lo sguardo spento, il “tanto è inutile”, “ormai è così”. È un addio silenzioso alla speranza e a tutto ciò che potresti ancora scoprire, fare, sentire, cambiare.

E poi c’è la saggezza, che non sempre arriva in fretta, ma quando si fa viva, illumina. È quella vocina gentile che ti sussurra: “Hai fatto il possibile. Ora, affidati.” Perché c’è un tempo per agire e uno per affidarsi a forze più grandi. Quando tutto il possibile è stato fatto, quando la vita sembra non rispondere ai nostri sforzi, arriva il momento prezioso della fede. Qualunque nome tu voglia darle: Dio, Universo, Vita…

Essere resilienti non vuol dire avere sempre il controllo, ma sapere che anche nel caos si può trovare un senso, una forza interiore che ci fa restare fermi e saldi nel bel mezzo di un uragano. Rimanere aperti, curiosi, stupirsi ancora come fanno i bambini.

Sei semplicemente umano. E straordinariamente vivo.

P.S.: tutto questo in realtà lo scrivo per me stessa, per tutte le volte in cui mi sono trovata a dire: “Basta, mi arrendo, è troppo”, e poi ho sentito di nuovo quella familiare voce interiore: “Forza Chiara, in piedi e combatti!” 

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