La Cura: Battiato, Gurdjieff e il viaggio dell’Anima

Se un giorno il mondo potesse conservare una sola canzone, io sceglierei La cura di Franco Battiato.
Perché non è solo una canzone d’amore. Non è solo poesia. E non è solo musica.
È un mantra, una preghiera, una promessa dell’anima.
Dietro quelle parole, che scorrono morbide come un abbraccio, c’è l’eco della Quarta Via di Gurdjieff, filosofo mistico di cui Battiato fu silenzioso e fedele allievo. Gurdjieff insegnava che l’essere umano dorme, e che solo attraverso un percorso di consapevolezza, sforzo e risveglio interiore, può iniziare a “essere” davvero. Battiato ha trasformato questa ricerca interiore in arte.
“Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie… dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via…”
Chi sta parlando? Un amante? Una madre? Un padre? Un Dio? L’anima stessa? O forse tutte queste cose insieme?
La cura è un’opera aperta, che si adatta a chi ascolta.
Può essere letta su più livelli:
- quello umano, di chi ama e desidera davvero prendersi cura dell’altro;
- quello spirituale, in cui l’anima eterna promette alla parte incarnata che non sarà mai sola;
- quello cosmico, dove l’essere risvegliato si fa guida nel cammino tra le correnti gravitazionali dell’esistenza.
Quelle correnti gravitazionali non sono solo immagini poetiche: sono gli automatismi, le influenze esterne, le forze invisibili che ci trascinano quando viviamo in stato di sonno. Solo chi è sveglio può attraversarle senza esserne travolto. Ed è proprio questo che promette la voce che canta: “ti solleverò dai dolori, dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie…”
Questa non è una promessa superficiale. È un giuramento sacro.
Quando ogni ego cade, quando la coscienza si allarga, allora si può davvero prendersi cura. Non per bisogno, non per attaccamento, ma per amore incondizionato. Come farebbe una madre con un figlio. Come farebbe il divino con l’umano.
Per questo, se dovessi scegliere una sola canzone che sopravviva al tempo e al rumore, sceglierei La cura.
Per ricordare che siamo molto più di ciò che crediamo. E che non siamo mai davvero soli.
Con cura,
Chiara
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